«La solitudine. Questo è il punto che accomuna tutte le mamme che soffrono della depressione post partum. Si sentono sole anche quando sono attorniate da persone che vogliono loro bene. Io guardavo fuori dalla finestra e sentivo che non sarei mai riuscita a risollevarmi da quella sensazione di angoscia». Valentina Colmi ha un blog che racconta della depressione post partum e ha scritto un e-book sull’argomento che si intitola Out of the blue. Arriva a definire il giorno in cui è nata la sua prima figlia il più brutto della sua vita. Dopo tre mesi era in terapia, ha avuto un’altra figlia che non casualmente ha chiamato Vittoria.
INFANTICIDIO
Il più recente caso di cronaca che pare essere legato alla depressione post partum è quello della 22enne austriaca che si è tolta la via e ha ucciso il figlio di 5 mesi. Era uscita dal campeggio in cui si trovava vicino al lago di Bolsena per una passeggiata, voleva farlo addormentare. Non sono più tornati. Il collegamento fra depressione e infanticidio non è così diretto. «I casi sono sotto l’1%, accade dove manca la rete di sostegno anche familiare. I rischi di passaggi all’atto sono però bassi e difficilmente prevedibili se non i casi in cui ci siano abusi passati e trascuratezza».
I DATI
Ogni anno in Italia si ammalano di depressione nel post partum, anche se ora si parla di depressione perinatale perché può esserci anche in gravidanza, fra il 10 e il 20% delle neomamme. Non è solo la stanchezza delle prime settimane con un neonato in casa. Le donne si sentono «tristi senza motivo, irritabili, facili al pianto, non all’altezza nei confronti degli impegni che le attendono». Il Ministero della Salute ne parla utilizzando questi termini, ma ggiunge anche che «si dà per scontato che una neomamma debba essere felice in ogni istante, si tratta di un falso mito». La prima battaglia di chi soffre di depressione post partum è quella contro il pregiudizio che vede la mamma contenta per forza, contenta perché mamma.
SINTOMI
Una mamma che dovrebbe essere felice sente senso di stanchezza, inappetenza, insonnia. «I sintomi sono quelli classici della depressione, ma sono prevalenti sentimenti di inadeguatezza o legati alla capacità di cura del bambino o anche pensieri ossessivi riguardo la salute del figlio» spiega Franca Aceti responsabile del servizio sulla depressione perinatale all’interno del dipartimento di psichiatria dell’Università La Sapienza di Roma. Si tratta di un passaggio identitario: da figlia di una madre, si diventa madre di un bambino. «Un passaggio epocale e infatti sono presenti nell’80% delle donne le maternity blues, senso di inadeguatezza, stanchezza, ipersensibilità, instabilità dell’umore, tristezza. Sono però transitorie». La depressione no, non passa.
STATISTICHE
Può accadere a tutte le donne. I fattori di rischio stanno nella personalità delle pazienti, ma anche nel rapporto con la propria madre. «In questa fase ricompare la qualità della relazione con la madre. Riemergono gli eventuali conflitti passati. Non si impara a essere genitori con un libro, ma con il modello interno che si rievoca e con la propria esperienza personale». Ci sono personalità più a rischio, quella ossessiva, la dipendente e i disturbi border line per esempio. Nelle statistiche il 50% di chi soffre di questa sindrome ha avuto una madre depressa. «Oggi fare un figlio è una scelta, una volta avere un figlio era quello che indentificava la donna, ma ancora è un segno identitario. Per questo con difficoltà chiedono aiuto».
RICHIESTA DI AIUTO
Il percorso da seguire secondo i tanti centri italiani mette insieme un intervento farmacologico, anche eventualmente durante la gravidanza, e uno psicologico, individuale e di coppia. «Si deve facilitare il passaggio che, come detto, è epocale e critico, come quello dell’adolescenza. Il periodo viene identificato troppo in positivo sul piano collettivo, invece tutti i passaggi sono difficili». Si ritualizzano, come il matrimonio, per superarli.
Di depressione post partum se ne dovrebbe parlare di più, cosa che accade limitamente nei corsi pre parto più incentrati su questioni come quelle legate all’allattamento. «Più se ne parla, più le pazienti hanno possibilità di chiedere aiuto». Avere avuto una depressione diventa un fattore di rischio, ma chi è stato trattato e curato spesso ha altri figli. Esistono strumenti di screening, per esempio un questionario come l’Edinburgh Postnatal Depression Scale che analizza il benessere emotivo delle neomamme e delle loro famiglie.
Da Vanity Fair
La ricerca Studio sull’effetto del COVID-19 sul benessere delle donne dopo il parto promossa della Sapienza Università di Roma si propone di esplorare l’impatto dello stress da COVID-19 sul benessere delle donne nei sei mesi successivi al parto.
Durante la gravidanza e dopo la nascita del bebè può succedere di soffrire di ansia o depressione. Disturbi che, se non trascurati, possono essere risolti. Ma solo chiedendo aiuto. Per il benessere della mamma e del suo bambino.
Intervistata di recente, Alanis Morissette ha confessato di aver sofferto di diversi aborti spontanei e di depressione post-partum. La cantautrice canadese, a 45 anni, è in attesa del terzo figlio, fortemente desiderato.
No, fare un figlio non è una battuta d’arresto. Al contrario, è un’assenza che migliora le competenze e permette di acquisirne di nuove, indispensabili al mercato del lavoro. Alcune aziende, in Italia, lo hanno già capito. Ecco perché conviene, oggi, adottare una nuova cultura del lavoro dalla parte delle mamme