Il Disturbo d’Ansia Generalizzato rappresenta uno dei disturbi psichiatrici più ricorrenti in età adulta e a esserne maggiormente colpite sono proprio le donne. Questa psicopatologia interessa anche l’esperienza della maternità e risulta più ricorrente nel periodo dell’attesa che in quello successivo alla nascita. Per le donne che soffrono di questo problema o di una forma depressiva, però, oggi ci sono buone notizie perché questi disturbi non sono incompatibili con il desiderio di un figlio.
“Iniziare una gravidanza è possibile senza rinunciare alla continuità delle cure che garantiscono il benessere della donna”, commenta infatti Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di Neuroscienze, ASST Fatebenefratelli-Sacco di Milano, fondatore del Centro Psiche Donna che ha sede presso il presidio ospedaliero Macedonio Melloni.
“Sono diversi gli interventi di dimostrata efficacia che tutelano la serenità della futura mamma: sedute di psicoterapia, esercizi di rilassamento muscolare, tecniche di rilassamento specifiche per donne che soffrono di ansia in gravidanza, interventi preventivi e di tutela del sonno”.
Relax in musicaEcco come fareMa come regolarsi in quei casi in cui è richiesta l’assunzione di farmaci? “In passato l’indicazione era di interrompere i trattamenti farmacologici nei nove mesi”, considera l’esperto, “ma si è visto che un disturbo d’ansia o una depressione non curati sono più rischiosi per la salute di madre e figlio, rispetto al proseguimento delle terapie ritenute necessarie”. Quindi via libera, nei casi in cui sia effettivamente necessario, anche a un intervento farmacologico, ovviamente con la supervisione costante dello specialista che segue la futura mamma.
A volte ansia e depressione sono già presenti prima della gravidanza, a volte si manifestano proprio nei nove mesi. In entrambi i casi, per la donna può non essere facile confidare a qualcuno quello che sta vivendo. L’attesa e la nascita di un bimbo sono esperienze che vengono associate in automatico alla felicità per cui c’è il rischio che la futura mamma si senta a disagio o addirittura in colpa. In realtà, questi disturbi non sono affatto rari e non c’è motivo di sentirsi “sbagliate” di fronte a emozioni negative. Fondamentale è, però, chiedere aiuto. “La futura mamma può rivolgersi al proprio medico di famiglia, al ginecologo o al consultorio cittadino, che le indicheranno gli specialisti da contattare e/o eventuali centri di eccellenza presenti sul territorio”, commenta Mencacci.
Ma come distinguere un vero e proprio disturbo da quei momenti “no” in cui l’ansia o il malumore sono solo passeggeri? “Dipende dall’intensità dei sintomi e dalla loro persistenza nel tempo”, sottolinea l’esperto. “Se l’ansia – che si palesa con preoccupazioni eccessive per la salute propria e delle persone care, stato di allerta e, a livello fisico, con palpitazioni, nodo alla gola, insonnia, respiro corto – si limita a episodi occasionali non è il caso di preoccuparsi, ma se queste sensazioni sono frequenti e durature è meglio confrontarsi con una figura esperta. Lo stesso vale per i sintomi che si associano alla depressione: tristezza sempre più intensa, perdita di interesse per quanto ci circonda, pensieri negativi e catastrofici. Se perdurano, magari per settimane, è indispensabile chiedere aiuto”.
Dovrei essere felice……e invece…
Prendersi cura del proprio benessere emotivo è indispensabile sia per riuscire a godersi la gravidanza, sia per proteggere il bambino che cresce nel pancione. Un disturbo di tipo psicopatologico può infatti interferire con il buon proseguimento della gravidanza stessa, con la salute del feto e successivamente del neonato.
“Livelli elevati di stress e ansia, protratti nel tempo, sono associati a possibili complicazioni, quali preeclampsia, ipermesi gravidica, maggior rischio di aborto spontaneo e parto prematuro”, spiega l’esperto. “E per il bambino aumenta il rischio di basso peso alla nascita, basso punteggio di APGAR, necessità di ricovero in Terapia Intensiva Neonatale”.
Inoltre, in seguito a numerosi studi oggi sappiamo che il disagio materno (sempre se intenso e prolungato) può avere delle conseguenze anche sullo sviluppo emotivo del bambino negli anni dell’infanzia. “Durante la gravidanza la madre costituisce per il figlio il 50% del suo patrimonio genetico, ma il 100% del suo ambiente”, considera Mencacci. “Una condizione di elevato stress emotivo prima della nascita può portare a un’alterazione dei sistemi di risposta allo stress del bambino in epoca neonatale ma anche nel periodo successivo”.
Tenere sotto controllo i disturbi emotivi nell’attesa è indispensabile anche per proteggere il “dopo”, ovvero il periodo delicato del puerperio, quando mamma e bimbo imparano a conoscersi e creano le basi del loro legame, un legame fondamentale per la formazione della personalità del piccolo. “Il Disturbo d’Ansia Generalizzato rappresenta un fattore di rischio per la comparsa della depressione post parto”, spiega Claudio Mencacci. “Anche un’ansia particolarmente intensa, che fa la sua comparsa nel terzo trimestre dell’attesa, è associata a un maggior rischio di depressione dopo la nascita, difficoltà a entrare nel nuovo ruolo materno, incapacità di sintonizzarsi con il bambino e accogliere e soddisfare le sue esigenze.
Il primo passo quando c’è un problema è quello di prenderne atto. La consapevolezza che elevati livelli di ansia in gravidanza rappresentano un fattore di rischio è positiva, poiché permette di monitorare la situazione nell’immediato e dopo la nascita del bambino (fino al suo primo compleanno), offrendo così alla donna la sicurezza che non sarà sola ad affrontare eventuali difficoltà che dovessero presentarsi”.
Ci sono alcune situazioni che possono peggiorare un disturbo già esistente o favorirne la comparsa. Conoscerle è importante, perché permette di trasformare i fattori di rischio in fattori di protezione, dedicando la giusta attenzione alla futura mamma e alle sue sensazioni. Tra i fattori che possono favorire l’insorgenza di un disagio troviamo una precedente depressione post parto, pregressi disturbi di tipo psichiatrico, familiarità (se i genitori o dei parenti stretti soffrono o hanno sofferto di questo tipo di disturbi), ma anche eventuali complicazioni in gravidanza e il fatto che l’attesa stessa non fosse desiderata. Altri fattori che possono interferire negativamente con il benessere emotivo della donna sono legati al contesto in cui vive: mancanza di supporto familiare e sociale, problemi economici, assenza o perdita del lavoro.
Viceversa, sappiamo che una donna che può contare sull’affetto, la comprensione, l’incoraggiamento e il sostegno pratico del partner e delle altre persone importanti della sua vita (parenti, amiche) ha più probabilità di stare bene e risolvere eventuali difficoltà emotive che dovessero presentarsi prima o dopo la nascita.
In un’ottica di prevenzione del malessere psicologico, ma anche per risolvere un disagio già presente, la figura del partner è molto importante. “Per questo, oltre alla futura mamma è opportuno sostenere anche il futuro papà”, spiega l’esperto. “La maggior vulnerabilità della donna rende, infatti, ancor più importante la sua partecipazione e la capacità da parte sua di condividere l’attesa e sostenere la compagna sin dall’inizio della gravidanza.
Il futuro padre deve essere aiutato a prepararsi all’accoglienza del bambino e alla trasformazione che una nascita comporta (anche per gli equilibri all’interno della coppia) perché possa vivere positivamente questa esperienza e possa offrire il necessario supporto alla neomamma”.
Giorgia Cozza
Da Dolceattesa.com
La ricerca Studio sull’effetto del COVID-19 sul benessere delle donne dopo il parto promossa della Sapienza Università di Roma si propone di esplorare l’impatto dello stress da COVID-19 sul benessere delle donne nei sei mesi successivi al parto.
Durante la gravidanza e dopo la nascita del bebè può succedere di soffrire di ansia o depressione. Disturbi che, se non trascurati, possono essere risolti. Ma solo chiedendo aiuto. Per il benessere della mamma e del suo bambino.
Intervistata di recente, Alanis Morissette ha confessato di aver sofferto di diversi aborti spontanei e di depressione post-partum. La cantautrice canadese, a 45 anni, è in attesa del terzo figlio, fortemente desiderato.
No, fare un figlio non è una battuta d’arresto. Al contrario, è un’assenza che migliora le competenze e permette di acquisirne di nuove, indispensabili al mercato del lavoro. Alcune aziende, in Italia, lo hanno già capito. Ecco perché conviene, oggi, adottare una nuova cultura del lavoro dalla parte delle mamme